lunedì 30 luglio 2012

Sarmede: disegnare, colorare, incidere

I corsi primavera-estate della Scuola internazionale d'illustrazione di Sarmede, strettamente correlati con la mostra annuale Le immagini della fantasia, sono ormai da anni tra gli appuntamenti più prestigiosi del panorama europeo dell'illustrazione (qui il programma completo della mostra e dei corsi 2012).

Ogni anno sono seguiti da alcune centinaia di giovani (e anche meno giovani) artisti che cercano di affinare le proprie tecniche di base, sbirciare il lavoro e i metodi del grandi maestri, individuare e precisare meglio un proprio percorso creativo e/o professionale.

Maurizio Olivotto


I docenti dei corsi della scuola, tutti tenuti nell'arco di una settimana full immersion, sono professionisti di consolidata affidabilità, da Chiara Carrer a Octavia Monaco, da Linda Wolfsgruber a Simona Mulazzani, da Jindra Capek ad Anna Laura Cantone, da Svjetlan Junakovic a Maurizio Olivotto (di questi ultimi abbiamo visitato in questi giorni i laboratori).
A questo panel importante di docenti si aggiungono quest'anno Simone Rea e Roberto Innocenti.



Gran parte dei laboratori si incentrano sulla preparazione tecnica degli allievi: si parla di acquarello e tempera, di collage, di incisione. di monotipia, di disegno, si costruiscono storyboard e si individuano le modalità del rapporto tra testo e illustrazione.




Durante la nostra visita gli allievi di Svjetlan Junakovic erano impegnatissimi a preparare le tavole che confluiranno, in settembre, nel Bosco della Baba Jaga: fiabe dalla Russia. I lavori saranno presentati nel quadro della mostra annuale de Le immagini della fantasia (dal 28 ottobre) e pubblicate in volume da Franco Cosimo Panini.

domenica 29 luglio 2012

Sarmede: la casa della fantasia

Sarmede, luglio 2011

Nel luglio del 2011, visitando Sarmede per una presentazione, agli allievi dei corsi estivi, dell'attività della nostra casa editrice, Wanda Dal Cin, Leo Pizzol e Ketty Gallon ci avevano parlato, con orgoglio ma anche con una certa apprensione, dell'imminente inizio dei lavori per la costruzione della sede delle Immagini della fantasia, ormai già finanziata e appaltata e, quindi, in dirittura d'arrivo.
Avevamo, allora, sbirciato nello sterro che avrebbe dovuto ospitare il nuovo palazzo della Fondazione, abbastanza malinconicamente occupato da caterpillar, in quel momento immobili come dinosauri addormentati.

Ci avevano detto, Wanda, Ketty e Leo, della speranza di aprire i battenti della nuova sede con la mostra dell'autunno 2012, e, confessiamolo pure, in cuor nostro avevamo formulato molti dubbi in proposito.
Forse chi ha avuto a che fare qualche volta con la realizzazione al rallentatore di opere pubbliche, avrebbe nutrito i nostri stessi dubbi.


Tornando invece dopo un anno preciso, ancora per una lecture agli studenti dei corsi estivi 2012, abbiamo dovuto con piacere ricrederci. Il bicchiere che avevamo ipotizzato mezzo vuoto (con lo scetticismo sarcastico di chi 'conosce i suoi polli'), è quasi completamente pieno. La ditta appaltatrice sta lavorando a pieno ritmo, sotto il sole torrido di questo luglio infuocato, a rifinire i particolari della costruzione e riuscirà senz'altro a rispettare i tempi previsti per la consegna, fissati per la fine d'agosto.

Sarmede, luglio 2012



La palazzina, ubicata nel centro del paese, accanto alla sala comunale, sede storica di molte iniziative della Fondazione, ospiterà quindi dall'autunno, la Mostra annuale (quest'anno dedicata alle favole dalla Russia, con Roberto Innocenti ospite d'onore), gli uffici della Fondazione, le iniziative e le mostre occasionali, probabilmente alcuni dei laboratori dei corsi estivi (anche se i responsabili non vorrebbero abbandonare la 'disposizione' sul territorio, sparsa in modo fascinoso e funzionale sulle pendici del Cansiglio).


Frattanto, mentre si avvia a conclusione questa tornata di laboratori estivi (abbiamo visitato quelli tenuti da Swjetlan Junakovic, Maurizio Olivotto e Linda Wolfsgruber, ma ne daremo conto in un post successivo), la 'fantasia' sembra aver trovato, a Sarmede, una casa luminosa e accogliente.




venerdì 27 luglio 2012

Il teatro di Mimmo Paladino




Non si può parlare di Mimmo Paladino senza parlare di archetipi. È un archetipo il grande cavallo, con o senza poliedri in groppa, esile e slanciato, immobile e ieratico, sono archetipi i dormienti che un po' ovunque troviamo nei percorsi della sua opera, archetipi i coccodrilli, le teste di rame, le maschere gessate. Forse tutta l'opera di Mimmo Paladino è un archetipo.


Ed è anche archetipica l'Idea che del teatro ha l'artista. In un suo testo di qualche anno fa Goffredo Fofi suggerisce che la scena di Paladino sia "il luogo di una 'polis' attiva che sembra rifiutare "lo spettatore" ed esigere il partecipe, il coinvolto, il testimone. Abita lo spazio, ospita il rito". 


Nel 'teatro' Mimmo Paladino non è, comunque,  solo. È con il pubblico, suggerisce Fofi, ma è coinvolto e 'compromesso' anche con il regista, con l'autore del testo, con il musicista, con l'attore. È dentro un rito collettivo, tra complici. Gli archetipi di Paladino (teste, cavalli, bruciati o sventrati, maschere, dormienti ecc.) sono dunque il tramite per un 'uffizio' sacro, si nutrono di suggestioni e restituiscono pathos. Non si accettano 'bamboleggiamenti imbecilli' (così li chiama ancora Goffredo Fofi) in quel teatro, né chiacchiericci isterici o fatui.


Il teatro che abita nelle scene di Mimmo Paladino è quello di Eschilo o Schiller, è diretto da Toni Servillo o Mario Martone, ha la passionalità e la ritualità intensa delle cose del sud. Tutto appare necessario, indispensabile diremmo, niente è lì per capriccio della sorte. 
Gli Achei si nascondono nel cavallo ideato da Ulisse e costruito da Mimmo, mentre le parole del poeta ondeggiano e cadono, pesanti come pietre, sul destino di Troia. Il cavallo brucia ed è come se bruciasse l'Idea platonica di 'tutti' i cavalli. È un agire che si spinge ben al di là di ogni nostra idea del 'sacro' e che proprio per questo la rinnova e la invera. Paladino si muove, come ha detto Claudio Spadoni "meditatamente e insieme immaginosamente entro il conosciuto e l'oscuro dei segni".



Mimmo Paladino ha la felicità creativa di un folle o di un bambino. Sembra quasi, svincolato com'è da qualsiasi pastoia di contenuto o di maniera, che qualcuno gli abbia messo davanti una grande tela, gli abbia consegnato barattoloni assortiti di colore e pennelli giganteschi e gli abbia detto: "Toh, fa' quel che vuoi" affidandogli in toto una libertà di espressione che non deve accettare condizionamenti se non quelli che lo stesso artista, magari con quel poco che resta della sua anima razionale, si dà. 
Da questa assoluta libertà nascono le essenzialità del rapporto tra Paladino e il teatro. La sua completa adesione.


Sembra un ossimoro ma è proprio per questo suo essere perfettamente in linea con se stesso che Mimmo Paladino è sempre perfettamente aderente al teatro che rappresenta.
 Adesione paradigmatica nella serie di ritratti I drammaturghi. Ci si chiede sempre se quelle immagini possono indurre lo spettatore ad entrare a teatro e a verificarne le suggestioni. Tutte invogliano, incuriosiscono, stimolano lo spettatore. Tutte chiedono a chi le vede di entrare in teatro e di capire. Sono veri e propri manifesti. 
Speriamo tanto che un teatro, non importa quale, abbia la voglia di stamparli e di invitare così il suo pubblico a partecipare al rito. Al rito officiato da Eschilo e Mimmo Paladino, da Bertolt Brecht e Mimmo Paladino, da Moliere e Mimmo Paladino eccetera, eccetera, eccetera.



Per saperne di più: Mimmo Paladino in scena, catalogo della mostra, a cura di Claudio Spadoni, Museo d'arte della Città di Ravenna, 2005, Silvana editoriale.

mercoledì 25 luglio 2012

Lettere fra i lacci


Nei sette bambini del racconto qualcuno ha visto quasi una parafrasi di Pollicino, e forse ha visto giusto, anche se quelle che Flor e i suoi fratelli seminano tra le pagine non sono né sassolini né molliche di pane, ma lettere dell’alfabeto che, in una fila ingranata tra disegno e disegno, svolgono una storia che Cristina Falcon Maldonado ci racconta con passione e poesia e in cui non ci sembra possibile non vedere il  ricordo di qualche antica biografia familiare.

Illustrazione di Marina Marcolin

Illustrazione di Marina Marcolin

Flor porta a scuola i fratelli più grandi per strade che scendono dalla montagna. La nonna, sempre piiù esile, si dispera a casa con i più piccoli. Flor è assennata e previdente: obbedisce e segue i consigli che la mamma le dà quando viene a trovarli e li conduce lei, almeno una volta alla settimana, a scuola.

Illustrazione di Marina Marcolin

L’io narrante, il fratellino di Flor, non apprezza le lettere, non le inanella in parole, non sa trasformarle, come Flor, in racconti e sogni. Le lettere a lui, non dicono nulla: “Secondo me sanno che a me non piace affatto leggere e allora stanno zitte perché sono arrabbiate con me.”

Illustrazioni di Marina Marcolin


Con Flor le lettere parlano e continueranno a parlare e a stendersi in lunghe fila. Perché lei vuole fare la maestra (e la mamma, all’annuncio, piange di gioia), lei crede nei sogni e sa guardare il cielo anche se qualcuno le dice che c’è un asino che vola.

Flor ha sette anni e forse è proprio 'colpa' delle lettere se ha in testa tutti questi sogni.

Illustrazione di Marina Marcolin

Lettere tra i lacci è un bellissimo racconto. Il ricordo si fa narrazione e le lettere diventano davvero i sassolini per ritrovare la via forse, o forse no, smarrita nel corso degli anni. Marina Marcolin, che ha illustrato il libro, è brava e delicata a intrecciare il racconto con la metafora, la realtà con il simbolo. Le pagine sono quasi ingiallite dal tempo, ma si accendono improvvisamente sotto colpi di bianco abbagliante, e l’eleganza degli acquarelli e delle matite si lega con il disegno delle lettere che ci raccontano, forse, una storia anch’essa diversamente magica.

Cristina Falcon Maldonado, Lettere fra i lacci, illustrazioni di Marina Marcolin, Kalandraka Italia, euro 15,00. 

lunedì 23 luglio 2012

Gran Babele Pinocchio bazaar

Gran bazaar per Pinocchio alla libreria galleria Babele di Firenze, in via delle Belle Donne 41/r. Acquarelli, tempere, ready made, sculture, ceramiche, libri d'artista, olii, acrilici, incisioni, serigrafie etcetera.
Tutto quello che avreste mai voluto sapere su Pinocchio e, magari, anche un po' di più. E naturalmente moltissime edizioni in commercio del capolavoro di Collodi.

Nel quadro della Biennale Pinocchio in accoppiata con il Museo Luzzati di Genova. Fino a metà settembre e poi con una gustosa appendice (il Totocchio di Riccardo Dalisi). A Genova la Biennale sarà visitabile fino a Gennaio 2013.













sabato 21 luglio 2012

Shout per la città



(aggiornamento 21 luglio 2012) Fabio Toninelli di Tapirulan ci manda una prima carrellata di foto della mostra 'volante' di Shout (Alessandro Gottardo) per le strade di Cremona. La mostra si chiama Affiche e si espone, appunto, nei luoghi deputati per l'affissione pubblica.






Il successo di Alessandro Gottardo si deve perlopiù alle sue collaborazioni internazionali. Il giovane artista (35 anni) pubblica infatti regolarmente su una quantità rilevante di riviste e giornali quali The New York Times, The New Yorker, The Wall Street Journal, TIME, Esquire, Newsweek, National Geographic, Wired, The Saturday Eevening Post, GQ, Le Monde, The Economist, Financial Times, Süddeutsche Zeitung. Un palmares invidiabilmente prestigioso a cui però mancava forse una 'consacrazione' popolare.

Alessandro Gottardo (Shout)

Ecco quindi che Shout, nickname di Gottardo, scende a confrontarsi con il più 'tradizionale' dei mezzi che la grafica ha avuto a disposizione, la strada, e dal 14 al 29 luglio espone le sue illustrazioni nei normali spazi dell'affissione pubblica, a Cremona. 




Alessandro Gottardo (Shout)
Cosa si aspettano l'autore e l'associazione Tapirulan che organizza l'iniziativa? Da una parte certo la rivitalizzazione di angoli della città vissuti. a volte, in maniera anonima e frettolosa, poi un corto circuito comunicativo che recuperi la dignità della comunicazione murale, avvilita ormai da tanta sciatteria e dilettantismo correnti. Il discorso sul 'manifesto' e sulla sua quasi inevitabile decadenza funzionale è sicuramente più complesso, ma anche un 'esperimento' come questo può aiutare la riflessione, stimolare il dibattito, suggerire comportamenti.


Aspettiamo con molta curiosità di vedere la mostra, magari zampettando per tutta la città alla ricerca delle singole opere, ma aspettiamo anche di capire quali considerazioni se ne potranno trarre.



Alessandro Gottardo (Shout)